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La realtà lascia traccia di sé

La luce investe i corpi opachi e ne proietta il profilo sui muri alle loro spalle, un’immagine semplificata che ha perso la terza dimensione e il colore ed è ridotta a sola forma, spesso distorta, del vero soggetto. La chiamiamo ombra, parola alla quale sono spesso associati significati simbolici, metaforici, che si distaccano dal fenomeno fisico. La contrapposizione di luce e ombra come rappresentazione dicotomica di vero e falso, buono e cattivo, conoscenza e ignoranza…

Viene alla mente “Il mito della caverna” nel quale Platone immaginava l’umanità metaforicamente simile a dei prigionieri in una caverna, costretti a vedere solo le ombre di ciò che accadeva all’esterno. La loro conoscenza del mondo era perciò fortemente limitata dalla rappresentazione distorta e approssimativa che ne davano le ombre.

Eppure anche le ombre, quelle fisiche, hanno un loro fascino, legato proprio a quella semplificazione che riduce le cose a sola forma e che fa di esse oggetti irreali, immaginari, strumenti per una fantasia immaginifica che sa spaziare con il pensiero in mondi lontani.

Le fotografie di questa serie sono il prodotto di questa fascinazione, dell’interazione fra giochi di luce e inconscio. Nascono da una motivazione interiore di cui non sono completamente consapevole. Gli oggetti che originano le ombre fotografate sono spesso riconoscibili, anche se non tutti a prima vista, ma la trasfigurazione ne cambia il senso, conferisce loro qualità proprie, estranee agli originali. Per tale ragione ciascuno, osservando le immagini, svilupperà sensazioni e avrà reazioni diverse, legate allo stimolo che la visione delle fotografie esercita sulla propria sensibilità. Potrà anche generare indifferenza ma confido invece che a molti saprà suscitare emozioni, anche se probabilmente diverse dalla mie.

Joplin – Route 66

Joplin, Missouri, una piccola città sul percorso della mitica Route 66. Una permanenza dovuta a motivi di lavoro è l’occasione per scoprire un’America lontana dai circuiti turistici. E’ la provincia che, come altrove, contrasta con le grandi città, per architettura, spazi, modi di vivere, cultura.

Le fotografie scattate in quella circostanza non sono un reportage sistematico e completo, ma piuttosto una serie di istantanee che riprendono ambienti e situazioni come si sono presentati nel mio girovagare disordinato e curioso, durante il quale ho semplicemente ritratto ciò che mi ha incuriosito, divertito, emozionato. E’ il mio modo di intendere la fotografia di viaggio.

Framed Visions

Sono affascinato dalle immagini che i vetri delle finestre riflettono. In particolare quelle degli edifici antichi montano vetri tecnicamente imperfetti che riflettono immagini deformate, distorte, scomposte in tessere di un puzzle impossibile da ricomporre. È il mondo reale che attraverso la riflessione della luce si trasfigura e dà luogo a visioni allucinate, reinterpretazioni fantasiose, arditi giochi cromatici. A volte trasparenza e riflessione si mescolano e sui vetri si formano figure composte dalla fusione di interno ed esterno. Sono figure delimitate dagli infissi delle finestre, dai fregi architettonici, dai mattoni e dalle pietre delle facciate che svolgono la funzione di una cornice virtuale, evidenziando ed esaltando l’immagine. Ho ricercato e fotografato le finestre e i loro riflessi in città e paesi diversi, in eleganti edifici nobiliari e in case modeste, come testimonia la varietà degli stili architettonici. Il risultato è una serie di fotografie dove architettura e riflesso costituiscono la cornice e l’immagine di un quadro che riproduce un mondo fantastico: una visione incorniciata.

Scenografie Urbane

La mia città, Milano, sta cambiando aspetto: nuove architetture si affiancano e si sovrappongono a strutture più antiche. Ho cercato di rappresentarle e interpretarle fotograficamente con un progetto che non fosse né quello di chi insegue le vecchie e fascinose vestigia né quello di quanti si fanno sedurre dalle nuovissime costruzioni. Per sfuggire a queste visioni ne ho elaborato una personale che si caratterizza per un’atmosfera marcatamente teatrale. Mi sono spesso mosso come uno scenografo, spostando l’obiettivo e cercando di creare immagini di grande forza evocativa sfruttando il senso di profondità. Ho realizzato questo lavoro in bianconero ma poi ne ho sovrapposto alcune texture alla ricerca di tonalità cromatiche e di volute graffiature che cambiano a seconda dei soggetti.

Unintended

In questo lavoro fotografico ho rivolto l’obiettivo verso la superficie delle pareti che costituiscono gli edifici che ci circondano e ne ho estratto i dettagli: elementi architettonici, funzionali e decorativi delle facciate e le ombre che proiettano sulle stesse. Ne sono scaturite immagini cariche di colore e “texture”, in cui segni grafici e geometrie si uniscono per formare composizioni astratte ed evocative. I tubi, le crepe, le imposte, le decorazioni e le loro ombre concorrono a formare l’opera insieme ai colori degli intonaci e alla loro struttura. Nella maggior parte dei casi gli oggetti rimangono riconoscibili anche nelle immagini fotografiche, conferendo al progetto la sua specificità: l’uso di elementi architettonici per la costruzione di immagini astratte mediante un processo di decontestualizzazione. Le opere erano già contenute nelle pareti, era solo necessario estrarle fotograficamente. Il soggetto delle immagini è risultato essere una sorta di arte astratta involontaria imprigionata nelle facciate degli edifici, moderni o antichi, con pareti nuove o consunte dall’azione del tempo e degli agenti atmosferici, ma accomunati dal fatto di includere la necessaria mescolanza di elementi, texture e colore.

Shabby

Le fotografie della serie ritraggono architetture segnate dal tempo. Muri, porte e finestre portano le tracce della loro storia, una storia minore certo, ma che testimonia l’inesorabile lavorio del tempo che scalfisce, scolora, modifica. Ne risulta un intreccio di figure geometriche e colori mutati rispetto alle intenzioni originali. Nonostante ciò non è la tristezza il sentimento dominante che pervade l’osservatore: colori, luci e forme restituiscono composizioni vivaci e vitali. Più che l’abbandono prevale il senso del vissuto. È l’abile, sapiente e antica opera dell’uomo che viene raccontata attraverso queste immagini. I dettagli architettonici, anche se consunti, sia che appartengano a edifici importanti che a costruzioni povere, certificano il desiderio di andare oltre l’aspetto funzionale cercando anche la bellezza. E questo bisogno del bello si continua a vedere anche dopo le ingiurie del tempo, conferendo alle fotografie un insospettabile senso di serenità.

Wood in Motion

Muovere la macchina fotografica durante lo scatto è una tecnica antica, orientata a conferire alle immagini un aspetto meno fotografico e più pittorico, meno realismo e più interpretazione della realtà. Nel mondo anglosassone esiste addirittura una sigla per definire tale tecnica: ICM (intentional Camera Movement). Ovviamente la fotocamera può essere mossa in varie direzioni in funzione dell’effetto cercato. Per le immagini di questa serie ho fatto ricorso al movimento verticale, che meglio si adattava al soggetto ripreso: gli alberi. Ne è nato un suggestivo progetto fotografico, dove prevalgono strisce di colori vivaci che lasciano tuttavia trasparire l’atmosfera del bosco, con i giochi di luce e ombra. La tecnica adottata, oltre a produrre un “effetto pittorico”, contribuisce a rimarcare quella verticalità che del bosco è il tratto caratteristico.